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“Lupae Romulum et Remum urbis conditores antiquum ac Aeneum in Capitolio Signum”

Nella tradizione la lupa è divenuta una sorta di nume tutelare di Roma. Peraltro la lupa, presso gli Etruschi, raffigurava il dio degli Inferi, Aita, mentre il lupo era anche il simbolo di un dio purificatore, e fecondatore, Soranus, venerato sul monte Soratte dai Sabini. Ma tra i Sabini la lupa era animale sacro a Mamers, analogo al dio Marte dei Romani che, secondo la tradizione, era padre dei gemelli, e per questo la lupa aveva l’attributo di Marzia. Inoltre l’animale tutelare dei Latini era Luperco, nome risultante dalla fusione dei termini lup e hircus per “capro”, con il quale aveva una corrispondenza etimologica il termine sabino hirpus per “lupo”, nella trasformazione della c in p; si può quindi ipotizzare che, pur apparendo come lupa, l’ animale fosse in realtà Luperco, dio dei pastori e protettore delle greggi dai lupi, in nome del quale erano celebrate le feste dei Lupercalia, il 15 febbraio. I due gemelli allattati da questa lupa-luperco si trasformerebbero così in “luperci”, cioè lupi-capri, a somiglianza della divinità, capro e lupo nello stesso tempo, purificatrice e fecondatrice che dà loro anche virtù marziali. L’episodio dell’allattarnento della lupa, narrato per la prima volta nel III secolo a. C. dallo storico greco Diocle di Pepareto e, sulla sua scia, dall’ annalista romano Quinto Fabio Pittore, si ispirava alla statua in bronzo raffigurante la lupa di origine etrusca che risale al v secolo a.C., e originariamente con i gemelli sottostanti. È giunta fino a noi, superando invasioni barbariche e incuria medievale, anche se un fulmine la colpì nel 65 a.C. sbriciolando i due gemelli.

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